Ciao, io vado! – Danza professionale e distacco da casa
Avete mai pensato che un giorno – non particolamente lontano – la vostra figliuola, così appassionata di danza e devota agli allenamenti, desideri spiccare il volo per andare a studiare in accademia? O che vostro figlio, dopo tutti questi anni di impegno e fatica, ottenga una borsa di studio per entrare nel mondo della danza professionale?
Beh, potrebbe accadere.
Dietro all’entusiasmo per una nuova avventura si celano però anche paure, spesso legate al distacco dalla famiglia. Per questo motivo ho deciso di proporvi il punto di vista di una mamma che, come molte altre, ha affrontato una simile situazione. Ketty, mamma di Stefania (ora ballerina professionista all’Opus Ballet di Firenze), ci racconta come tutto è iniziato e le difficoltà intercorse nel loro cammino.
QUANDO HA INIZIATO A BALLARE STEFY E CHI HA DECISO DI ISCRIVERLA A DANZA?
Stefy ha sostenuto la sua prima lezione di danza l’11 settembre 2001, data che purtroppo è a tutti nota per altri motivi. Aveva 4 anni e mi ero già informata sull’età minima necessaria per iniziare e verso quale scuola orientarla.
Quindi il desiderio di danzare è venuto da te?
Sì. Quando ero piccola desideravo studiare danza classica ma i miei genitori non l’hanno consentito. Nel nostro paesino lo studio della danza e della musica – a meno che non fosse correlato ai cori di montagna – è sempre stato visto con grande scetticismo e poca apertura mentale. Per questo motivo, la mia scelta di iscrivere Stefy ad un corso di danza, è spesso stata malvista e criticata. Inoltre ho sempre ammirato le persone che studiano danza perché vedevo in loro una corporatura armoniosa e graziosa ed anche per questo mi ero ripromessa, se avessi avuto una figlia, di iscriverla ad un corso.
Ketty aggiunge: non avevo mai visto i piedi di una ballerina però!
CREDITS: Vanity Fair – Via PinterestCOME HA INIZIATO INVECE A SUONARE IL PIANOFORTE?
Aveva 7 anni. Fin da piccola l’ho sempre voluta indirizzare verso la musica. Secondo me una persona che vive nella musica riesce ad avere un’apertura mentale e a raggiungere degli spazi che altri non comprendono.
Chi suona, chi è nell’arte in generale, ha una sensibilità particolare perché riesce a vedere al di là di ciò che è presente.
A Ballet Blog – interviste
Stefy ha sempre vissuto nella musica: tutti in famiglia suoniamo o cantiamo quindi era facile che anche lei si approcciasse a questo mondo. Inizialmente aveva però la fissa del violoncello: l’ho portata allora da una cara amica musicista ma, alla vista dell’enorme pianoforte a coda, Stefy ha optato per quest’ultimo. E’ stato l’inizio di una lunga passione, tant’è che pensavamo di iscriverla al conservatorio. Stefy suona tutt’ora il pianoforte. E la chitarra. E la fisarmonica.
E il violoncello?
Non è mai salpato!
HAI SEMPRE SUPPORTATO IL PERCORSO DI DANZA DI TUA FIGLIA?
Sì, certo. Mi sono fatta in quattro per farle studiare danza, l’ho seguita ovunque dedicando tutto il mio tempo a questa sua passione che in fondo era anche la mia. Tra concorsi, stage e spettacoli ho girato l’Italia con lei ed ho trascorso anni in cui mi sembrava di vivere in macchina pur di stare dietro ai suoi impegni.
Nonostante il mio appoggio, ci sono stati degli ostacoli al suo percorso. Durante le scuole elementari, ad esempio, alcune maestre mi dissero che Stefy faceva fatica a legare con i compagni e per questo motivo sarebbe stato meglio toglierla dalla danza ed iscriverla ad uno sport di gruppo. Purtroppo anche a danza Stefy inizialmente non instaurava grandi amicizie perché si è sempre trovata con compagni più piccoli o più grandi, mai con coetanei. Di conseguenza era più complicato legare con le altre bambine.
Quindi, sotto consiglio delle maestre delle elementari, hai provato a toglierla da danza?
Sì, esatto. Arrivato però il giorno del suo compleanno, quando le chiedevo cosa desiderasse, mi diceva “tornare a danza”. Era l’unico regalo che desiderava.
AVRESTI MAI PENSATO CHE STEFY VOLESSE INTRAPRENDERE LA DANZA A LIVELLO PROFESSIONALE?
Sinceramente, no. Vedevo che la sua passione per la danza era grande ma ricordo che le piaceva molto anche studiare e fino alla terza media diceva di voler fare il medico. Sapeva esattamente che liceo frequentare per portare avanti il suo sogno con il camice bianco addosso.
QUANDO HAI VISTO CHE SI PROSPETTAVA PER LEI LA POSSIBILITA’ DI AFFRONTARE QUESTO PERCORSO A LIVELLO PROFESSIONALE, COME HAI REAGITO?
Inizialmente l’ho ostacolata. Aveva 15 anni quando ha ricevuto la prima borsa di studio per studiare danza a tempo pieno a Milano ed io non me la sono sentita di lasciarla andare. Non tanto per la danza, quanto per la lontananza. Stefy all’epoca aveva solo 15 anni e mi sembrava troppo piccola per andare a vivere in una città grande come Milano; saperla lì non mi faceva stare tranquilla. Aggiungici il fatto che il mondo della danza a livello professionale non è rose e fiori: la competizione è alta e in un’età di fragilità emotiva come l‘adolescenza temevo non avrebbe retto.
Quando ha avuto però la sua seconda chance, a 18 anni, le cose erano diverse. Stefy era più grande, gli equilibri familiari erano cambiati e per lei era un buon momento per partire. In fine dei conti, penso sia stata la scelta ed il momento giusto per lei. Quando aveva 15 anni non sapeva nemmeno cosa fosse la danza contemporanea, aveva studiato solo classico nella sua vita. A 17 anni ha scoperto la danza contemporanea e, grazie alla forte base tecnica che il classico le ha dato, ha trovato il suo mondo in questo nuovo stile.
Insomma, Stefy ha studiato danza classica dai 4 ai 17 anni non-stop e poi, dopo solo un anno di danza contemporanea è riuscita a superare l’audizione per l’Opus Ballet?
Esatto. Il classico è stato il suo mondo per tutta l’infanzia e l’adolescenza ma lo studia tutt’ora in compagnia.
COM’E’ STATO AFFRONTARE IL DISTACCO I PRIMI TEMPI?
Come dicevo, a 17 anni ha sostenuto l’audizione per l’Opus Ballet di Firenze e a 18 anni è partita di casa. Avevo parlato con la direttrice della scuola e avevo conosciuto la sua coinquilina, che mi aveva fatto una bella impressione, e questo mi fece stare più tranquilla.
Per lei il distacco è stato abbastanza sereno. E’ stata subito accolta con calore. Per me è stato più difficile invece. Stefy è figlia unica ed è stata dura abituarmi alla vita senza di lei a casa.
COME AVETE GESTITO IL SUO PERCORSO SCOLASTICO PARALLELAMENTE ALLA DANZA?
Prima che partisse per l’Opus Ballet ci eravamo accordate che avrebbe finito le superiori. Studiò da privatista tutto l’anno, io facevo da tramite con i professori e con la segreteria per quanto riguarda le questioni burocratiche. E’ stato un anno molto duro dal punto di vista scolastico: la maggior parte dei professori non l’ha aiutata, nè durante l’anno nè agli esami finali. Fortunatamente era circondata da buoni amici, sia a Firenze che qui a Trento, che le passavano gli appunti e l’aiutavano a studiare.
Io dico sempre che mi sono fatta la “terza maturità” con lei, per aiutarla a studiare e a preparare gli appunti. D’altronde, si trattava di una maturità del liceo classico! Prima di allora non mi ero mai preoccupata a livello scolastico: è sempre andata bene a scuola e le sue capacità sono venute fuori fin da piccola. Aveva dovuto imparare ben presto ad organizzarsi: tra danza, pianoforte e studio, la gestione del tempo era fondamentale!
L’anno da privatista invece l’ha messa a dura prova. Bisogna anche dire che il suo liceo non aveva mai gestito questa tipologia di studenti. Li abbiamo colti impreparati.
E come funzione il percorso da privatista?
Si studia in autonomia per tutto l’anno e a maggio, prima degli esami di maturità, si sostengono per una settimana intera prove orali e scritte di tutte le materie riguardanti il programma di tutto l’anno accademico.
Caspita, molto peggio della maturità!
Sì, infatti. Per la prima volta nella sua vita scolastica, ho visto Stefy andare in crisi. Non voleva nemmeno presentarsi agli esami. Alla fine però è andato tutto bene e ha superato sia gli esami da privatista che la maturità. Si era tolta un bel peso!
CONSIDERATO IL SUO CAMBIO DI STILE DA CLASSICO A CONTEMPORANEO, TU PERSONALMENTE QUALE STILE PREFERISCI?
Non posso dire di avere preferenze tra il classico e il contemporaneo. Sono talmente diversi che non si possono paragonare.
Mi sento particolarmente legata al classico perché in fin dei conti era quello che conoscevo meglio. Il classico per me è più immediato, ha regole ferree da seguire e i balletti di repertorio si basano su trame conosciute. A casa avevamo tutta la serie di dvd di repertorio e Stefy li guardava spesso. Fin da piccola ha coinvolto tutta la famiglia nella sua passione e perciò io stessa ho imparato moltissimo guardando i balletti di repertorio.
Il contemporaneo è un altro mondo: è più di impatto, di sentimento, di emozione e interpretazione. All’inizio non lo conoscevo e quindi ho dovuto imparare a capirlo.
Ho capito che in fondo non c’è nulla da comprendere: bisogna solo farsi trasportare dal movimento del corpo che hai davanti, dalle sue espressioni e dalle sue emozioni.
A Ballet Blog – interviste
TI SARESTI MAI ASPETTATA CHE SAREBBE ENTRATA NELLA COMPAGNIA DELL’OPUS BALLET?
Onestamente sì, me l’aspettavo, perché è brava. So che essendo sua mamma posso sembrare di parte, ma non è vero! Se devo criticarla lo faccio.
Quando danza, Stefy ha una grande presenza scenica che la fa spiccare. Il suo movimento comunica moltissimo. Ha messo anima e corpo nella danza perciò sì, mi aspettavo entrasse in compagnia.
COSA PROVI QUANDO ASSISTI AI SUOI SPETTACOLI?
Mi sento emozionata, orgogliosa. Mi da una bella sensazione. Mi commuovo. Un pezzettino di me è in lei e trasmette emozioni al pubblico. Questo mi rende fiera e felice.
CHE CONSIGLIO DARESTI AI GENITORI I CUI FIGLI SONO INTENZIONATI AD APPROCCIARSI AL MONDO PROFESSIONALE DELLA DANZA?
Ah, col senno di poi, ci sono molti consigli che darei.
Cercare delle scuole e degli insegnanti che non siano improvvisati.
Oggigiorno sono tutti tuttologi ma in realtà la danza può rovinare il corpo se non si è seguiti da maestri competenti. La scelta della scuola è fondamentale. Hai ragione. Purtroppo in Italia, attualmente, non esiste un albo per insegnanti di danza. Questo vuol dire che potenzialmente chiunque può insegnare danza. Sul nostro territorio c’è un’ampia offerta di scuole di danza (punto estremamente positivo a mio avviso, vuol dire che c’è interesse!) ma al contempo bisogna stare attenti alla formazione di chi si ha davanti.
Cercare insegnanti che sappiano anche motivare a livello psicologico.
E’ un mondo competitivo e non bisogna sottovalutare il lato mentale.
Fare tante esperienze.
Attraverso concorsi e stage si possono vedere altre realtà e sperimentare quello che potrebbe essere uno scorcio al mondo professionale nella danza.
Lasciare casa, talvolta anche se giovanissimi.
Per quanto riguarda la danza classica, se si vuole entrare in accademia è necessario lasciare casa fin da giovanissimi. Bisogna andare al di là dell’egoismo genitoriale perché, a 18 anni, potrebbe essere troppo tardi per la danza classica. Insomma, lasciare che seguano la loro strada perché l’età conta tanto, davvero. E spesso è un problema solo di noi genitori che non vogliamo lasciarli andare.
Grazie Ketty per aver condiviso con noi la tua esperienza ❤️
E buon anno a tutti!