Rallentiamo il ritmo – meditazione e respirazione

Rallentiamo il ritmo – meditazione e respirazione

“Ora, rallentiamo il ritmo”

E’ ciò mi sono sentita dire anni un paio di settimane fa, mentre partecipavo al corso di formazione Power Pilates per diventare (forse, un giorno!) una brava insegnante di pilates.

Erano le 8 di mattina di un’uggiosa domenica autunnale. Quelle giornate in cui avresti voglia di stare a letto con una tazza di latte caldo leggendo un bel libro o guardando serie tv. Ma noi quella domenica, alle 8 in punto, eravamo già tutti in sala, pronti per le successive sette ore di pilates. In sala era freddo, le finestre spalancate nella speranza di cacciare questo benedetto covid fuori da lì. Sul pavimento, disposti in cerchio, c’erano alcuni cuscini dove potersi sedere.

“Rallentiamo il ritmo”

E allora ci siamo seduti e abbiamo ascoltato il maestro. Il maestro che parlava, ci erudiva, mantendendo la nostra attenzione come calamite. Non sembrava più così freddo, in fondo.

Abbiamo chiuso gli occhi e abbiamo respirato. Abbiamo parlato un po’ di noi, poco poco, per lo più abbiamo ascoltato lui.

Poi ci siamo alzati e abbiamo svolto una serie di respirazione che definirei “liberatorie”. Chi frequenta i corsi di yoga o meditazione probabilmente sa di cosa sta parlando. Ci sono mille modi per respirare e la maggior parte degli adulti nemmeno lo sa. Questi respiri, se sappiamo farli bene, ci liberano dalle tensioni, ci sfogano, sollecitano quei punti deboli che avevamo cicatrizzato. Riaprono le ferite, non per farci soffrire ma per far uscire tutto il dolore che ci aveva invaso così potremmo essere, finalmente, liberi.

Insomma, cose da persone emotive come me ?

E dopo aver respirato, con il petto, con la pancia, con la gola, come un guerriero e in altri mille folli modi, è partita la musica.

Una musica da disoteca, commerciale, ritmata. Musiche che ascolto di rado nella vita (e se lo faccio, non ammetto in pubblico di averle ascoltate). E insomma ci siamo trovati così, una domenica mattina qualunque, di una giornata autunnale qualunque, in una pioviggionosa Verona, a ballare. Così. Semplicemente. A muoverci al ritmo di una musica completamente a caso, circodanti da semi sconosciuti e nonostante ciò liberi di ballare come volevamo e di essere ciò che in quel momento avevamo voglia di essere. Tutto fuori taceva, tutti dormivano e per un secondo, un secondo soltanto, il covid è sembrato così lontano e la vita è sembrata così vicina a noi. Così dentro di noi.

Non so se diventerò mai una brava insegnante di pilates e, per come stanno le cose attualmente, non so nemmeno se mai lo insegnerò.

Però sono certa di aver capito una cosa quel giorno: per vivere bene, bisogna sapere vivere il presente. Il presente autentico, quell’attimo che va stretto fra le dita vi-go-ro-sa-men-te, altrimenti fugge. E per godere del presente bisogna essenzialmente rallentare il ritmo. Bisogna prendersi il tempo di stare con sè stessi (spegnendo il telefono e lasciandolo in un’altra stanza), ascoltarsi, respirare, ballare.

La meditazione, in fondo, non è altro che sapere stare nel “qui e ora”.

E voi, dove siete adesso?

Consigli utili

Per chi di voi fosse soggetto ad ansie, momenti di grande emotività o problemi intestinali (dovuti allo stress), vi consiglio vivamente di partecipare a un buon corso di yoga.

Non vi cambierà la vita, ma le tecniche di respirazione che vi insegneranno potrebbero farlo.

Ma… che centra tutta questa storia della respirazione con il pilates?

Il buon Joseph Pilates ha sviluppato questa disciplina basandosi sulle filosofie orientali e quindi anche sulla meditazione (leggi qui l’articolo che ho dedicato a Joseph). La respirazione, nonché la focalizzazione sul presente e sul proprio corpo, sono caratteristiche intriseche del pilates.

Se vi trovaste a frequentare un corso di pilates dove non esiste respirazione e dove la lezione si riduce alla mera esecuzione fisica di una serie di esercizi (anche chiamato “fitness”), seguite i consigli del buon vecchio Gandalf: “fuggite, sciocchi!”

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